Dall’amore per la natura alla progettazione biofila: un’intervista a Bettina Bolten

Numerose ricerche dimostrano come l’applicazione del Biophilic Design possa apportare un impatto benefico sui fruitori degli spazi, riducendo lo stress, stimolando la creatività e la chiarezza di pensiero, migliorando il benessere psicofisico e psicosociale.

Nell’articolo di oggi sul nostro blog, proponiamo un’intervista a Bettina Bolten, Biophilic Design consultant e formatore MEM, in cui ci parla delle ricerche svolte ad oggi sulla Biofilia e il Biophilic Design e alcune considerazioni chiave sull’importanza dell’applicazione di questo metodo nelle case e nei luoghi ad alta frequentazione.

Bettina Bolten, Biophilic Design consultant e formatrice MEMARCH

  • Chi sei e che fai?

Mi chiamo Bettina Bolten, sono nata in un piccolo paesino vicino a Düsseldorf (Germania occidentale), circondato da boschi, piccoli laghi, fiumi, e lì ho trascorso i primi 18 anni della mia vita. Successivamente, mi sono trasferita nella grande metropoli (Milano) per motivi di studio, per poi occuparmi di design, brand management, trend research e consulenza strategica per aziende che si occupavano di arredamento di alta gamma in contesti internazionali.

Ad un certo punto ho sentito la necessità di cambiare radicalmente la mia vita professionale e di impegnarmi in qualcosa che fosse più coerente con la mia vera natura, da qui un percorso di ricerca, divulgazione, insegnamento e consulenza nell’ambito della biofilia e della progettazione biofila con un approccio scientifico, che dura da più di 8 anni. 

Sono affiliata al centro di ricerca GREEN dell’Università della Valle d’Aosta, e con MEMARCH organizzo corsi di formazione per professionisti dell’abitare e divulgare questi concetti innovativi.

  • Da dove nasce la passione per il Biophilic design?

La passione per la Natura mi è stata trasmessa dalla mia famiglia che ha sempre vissuto a stretto contatto con gli ambienti naturali. La mia felicissima infanzia si è svolta principalmente nel nostro grande giardino e in un piccolo bosco adiacente alla nostra casa. I miei genitori, soprattutto la nonna paterna, mi hanno trasmesso un grande rispetto e profonda sensibilità per la Natura, mi hanno insegnato a saperla ascoltare e comprendere.  

  • Come ti sei avvicinata?

Il caso ha voluto che conoscessi uno dei massimi esperti di Biofilia in Italia, il Dott. Giuseppe Barbiero dell’Università della Valle d’Aosta, il quale ha voluto coinvolgermi in un progetto di ricerca della durata di 3 anni. 

Grazie a questa collaborazione, ho consolidato i miei studi sulla Biofilia e sviluppato un metodo scientifico applicativo di Biophilic Design.  

  • Perché pensi sia importante divulgare questo concetto?

Per il 99,9 % della nostra storia evoluzionistica abbiamo vissuto a stretto contatto con la natura e le risposte adattative agli ambienti naturali si sono stratificate nel nostro comportamento. 

Abbiamo sviluppato così la nostra innata BIOFILIA ovvero il nostro amore per la vita e per tutto ciò che è vivo, ancora oggi siamo perfettamente compatibili fisiologicamente e psicologicamente agli ambienti naturali, solo che tanti di noi non ne sono consapevoli. 

I lunghi mesi di pandemia ne sono stati la conferma: tante persone si sono accorte che la presenza e l’osservazione di un ambiente naturale sono fondamentali per mantenere il proprio equilibrio psicofisico. 

Oggi parlare di natura e sostenibilità è diventato un vero trend, ma c’è ancora moltissimo lavoro da fare, perché discipline come il Biophilic Design purtroppo vengono spesso interpretate con l’inserimento di piante sulle facciate esterne, sui tetti e all’interno degli edifici. In realtà, il Biophilic Design è un approccio molto complesso e trasversale alla progettazione, che necessita di studio e di buone conoscenze in diversi ambiti (per esempio quello della psicologia evoluzionistica, della biologia, dell’ecologia affettiva, della psicologia ambientale ed architettonica, ecc.). 

Sempre più studi e sperimentazioni dimostrano che sono numerosi i benefici sociali, ambientali, economici, oltre che di salute psicologica e fisica legati ad ambienti biofili. 

Sono convinta che questa disciplina, con un corretto statuto epistemologico, uscirà dalla sua attuale “nicchia” e si diffonderà sempre più nella progettazione di interni, edifici, quartieri e città, perché rispetta le vere esigenze degli esseri umani, applicando strategie di sostenibilità rivolte all’interno (verso noi esseri umani) e contemporaneamente all’esterno (verso l’ambiente).

  • Ma che cos’è nello specifico il Biophilic Design?

Rispondo citando la definizione che ne diede, nel 2008, il suo inventore l’ecologo di Yale Stephen Kellert:

Il Biophilic Design è il deliberato tentativo di tradurre l’affinità dell’Uomo con la Natura – nota come Biofilia – nella progettazione degli ambienti artificiali. […] Il Biophilic Design non riguarda l’ecologizzazione dei nostri edifici o semplicemente aumentare la loro estetica attraverso l’inserimento di alberi e arbusti, fa molto di più: esso riguarda il ruolo dell’umanità nella Natura e il ruolo del mondo naturale nella società umana, uno spazio in cui la reciprocità, il rispetto e le relazioni arricchenti possono e dovrebbero esistere a tutti i livelli ed emergere come la norma piuttosto che come un’eccezione.

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  • Vorrei chiederti di più sul tuo protocollo, che cosa lo contraddistingue dagli altri?

Per anni abbiamo studiato in profondità gli approcci alla progettazione biofila esistenti. 

Nel 2020, alla fine di un progetto di ricerca svolto all’interno del Laboratorio di Ecologia Affettiva dell’Università della Valle d’Aosta, abbiamo sviluppato un paper scientifico nel quale abbiamo delineato alcuni temi del Biophilic Design, incentrati sulla necessità di semplificare gli approcci empirici precedenti con una solida base scientifica. 

Inizialmente avevamo delineato 7 argomenti principali che con la ricerca sono diventati 10. 

Come accento precedentemente, il Biophilic Design è un approccio trasversale e multidisciplinare, ma sopratutto integrato e il nostro protocollo contiene sia gli aspetti e le ricerche sviluppati da altri sia le nostre esigenze primarie con una chiave di lettura che pone le sue basi sulla biologia e la psicologia evoluzionistica. 

I vari metodi si arricchiscono a vicenda.

  • Che tipo di strumenti ci sono nel tuo protocollo? 

I criteri adottati dal nostro protocollo del Biophilic Design rispondono a bisogni psicologici e fisici maturati nel corso della nostra storia evoluzionistica soddisfacendo così quelle che sono le nostre esigenze primarie. 

Gli elementi delineati nel Biophilic Design possono essere suddivisi in due gruppi fondamentali che seguendo i principi di adattamento evoluzionistico sviluppati dalla nostra specie nella ricerca di habitat sicuri e ricchi di risorse.

Il primo gruppo di argomenti soddisfa la nostra ricerca di un luogo sicuro in cui vivere (RIFUGIO), mentre il secondo gruppo è legato alla ricerca del cibo (RISORSE). 

Il nostro antico bisogno di un rifugio sicuro e di risorse abbondanti è stato tradotto in una chiave progettuale immediata, per permettere interventi mirati al benessere e alla salute psicofisica delle persone.

  • Quali sono a tuo avviso 3 punti fondamentali per una casa sostenibile?

Il Biophilic Design originariamente non era considerato una disciplina sostenibile nel senso tradizionale del termine.

Per questo motivo, nei miei interventi esprimo sempre la necessità di dover trovare delle valide sinergie tra la progettazione biofila e gli interventi di sostenibilità e di rigenerazione. 

1. La scelta di materiali naturali, ma ciò che rende realmente sostenibile il progetto è l’accertamento della corretta provenienza delle materie prime, che non provengano da lavorazioni nocive sia per le persone sia per l’ambiente. 

2. L’ottimizzazione dei consumi energetici che possono essere drasticamente ridotti con l’aumento dell’utilizzo della luce naturale. 

3. L’inserimento di vegetazione che possa incrementare la resistenza termica delle pareti degli edifici con conseguente riduzione dei consumi energetici per i sistemi di raffreddamento e riscaldamento. 

La scelta di inserire della vegetazione all’interno degli spazi apporta un minimo di filtraggio delle polveri e captazione delle particelle fini presenti nell’aria, oltre alla riduzione dell’inquinamento acustico.

  • Hai qualche progetto/idea interessante in cantiere?

Il mio lavoro è molto stimolante, ogni giorno mi vengono sottoposte nuove esperienze che aprono nuovi mondi e strade non ancora battute, dove poter applicare le conoscenze che sono riuscita a raccogliere in lunghi anni di studio e di esperienza pratica. 

Il mio lavoro è a tutti gli effetti un “working in progress” perché la ricerca in questo ambito non è assolutamente finita e, ogni giorno, procediamo con nuove scoperte. 

Abbiamo ancora molto da imparare su chi siamo noi esseri umani e stiamo cercando valide strategie per vivere meglio nelle città in cui risiederanno, luoghi sempre più ristretti e con sempre meno contatto con il mondo naturale. 

Uno dei miei lavori attuali, mi vede coinvolta in uno studio innovativo commissionato da un importante player nella certificazione edilizia sostenibile. 

  • Un’ultima parola?

Andate nella Natura ogni volta che potete e portate anche i vostri figli, insegnateli ad amare e a rispettare il meraviglioso mondo che ci circonda, la nostra CASA! 

Molti studi hanno dimostrato che l’età migliore per consolidare e “allenare” la nostra innata biofilia è la fascia d’età tra i 3 e i 9 anni. 

Quindi, buona Natura a tutt*!

 

Bettina Bolten conduce per MEM corsi di formazione per professionisti dell’abitare per progettare spazi di benessere con il Biophilic Design.

Incontro gratuito di presentazione corsi con Bettina Bolten: Mercoledì 14 settembre dalle ore 11.00 dove poter interagire direttamente con la formatrice e scoprire l’offerta formativa progettata per MEM.

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