Giordana Arcesilai: inventare nuovi modi di illuminare per ricreare la luce naturale

Ama definirsi “nata nella luce” perché suo padre è stato un antesignano dell’illuminazione di design in Italia creando, nel 1955 a Bologna, il primo showroom italiano dedicato alle grandi firme dell’illuminazione ed introducendo, fin da subito, un design “di rottura”, innovativo.

Partendo da questa esperienza, Giordana Arcesilai, architetto, ha maturato un’esperienza trasversale nel campo dell’illuminazione, dedicandosi professionalmente dal 2000 al lighting design e al design di prodotto.

Nel contempo, attraverso le sue pregiate installazioni in tutta Italia (ha illuminato molti luoghi prestigiosi, vedi qui), attraverso la sua attività di consulenza e attraverso attività divulgative ed associative, sta contribuendo in maniera determinante alla formazione di una vera e propria “educazione alla luce”.

Fa parte di Women in Lighting Italy, di APIL (Associazione Professionisti dell’Illuminazione), è MEMber della prima ora.

Nel 2013 ha creato insieme alla collega paesaggista Simona Ventura “Il giardino incontra la luce”, che si occupa di progettazione di giardini e parchi e di workshop formativi sul tema del verde e della luce integrati. Nel 2007 è stata co-autrice del libro “Progettare la luce. La casa” (Ed. Compositore).

 

Incontrare Giordana Arcesilai significa incrociare il rigore assoluto di chi padroneggia in pieno l’illuminotecnica con l’entusiasmo e la semplicità di chi vuol condividere il proprio sapere. Perché saper illuminare un ambiente interno o esterno, piccolo o grande, privato o pubblico, significa migliorare in maniera determinante la vita delle persone che lo vivranno; significa quindi migliorare la vita dei singoli, delle loro famiglie, delle comunità cui appartengono. Con questa consapevolezza e con questa passione Giordana Arcesilai collabora insieme a MEM.

 

Arcesilai: il marchio storico del Lighting Design in Italia

Cattedrale di Troia (FG) – 2017 – con arch. Stefano Cibelli – Piero Guadagno – Thorn

MEM – Giordana Arcesilai, parlare con lei è come parlare con la storia del Lighting Design in Italia.

G.A. – Sono stata fortunata a crescere in una famiglia un po’ speciale: mio padre fu il primo in Italia ad aprire un negozio che trattasse specificatamente i nuovi marchi dell’illuminazione. Da sempre ho sfogliato i cataloghi delle aziende che hanno fatto la storia del design, viste da vicino le lampade e i loro dettagli, imparato dunque a prediligere sempre la qualità nei miei progetti. Spronata anche da mio padre che vedeva sempre oltre, dal 2000 ne ho fatto una professione specifica, ai tempi piuttosto nuova da noi: il Lighting Designer, un consulente dell’illuminazione svincolato dall’ambito commerciale, come APIL sostiene.

 

Chi è il Lighting Designer?

MEM – Concentriamoci sulla figura del Lighting Designer: cosa fa di preciso e qual è il suo ruolo nell’economia di un progetto abitativo?

G.A. – Il Lighting Designer progetta e “disegna” la luce di un qualsiasi ambiente, lo fa preventivamente e con piena cognizione di causa. Segue anche il cliente nella realizzazione di questi progetti durante i lavori, se serve intervenendo in ogni fase costruttiva. Altrimenti consiglia e studia col cliente le migliori soluzioni per trasformare ambienti esistenti attraverso la scelta della giusta illuminazione e dei giusti prodotti per ottenerla. Naturalmente secondo il budget a disposizione del cliente e in base alla sua conoscenza, stile di vita, esigenze, storia vissuta, ecc.

Vede, sono sempre stata incuriosita dal fatto che in tante abitazioni e nella maggior parte dei luoghi di lavoro, le persone si abituino ad un’illuminazione inadeguata, spesso inefficace; mi lasci dire: proprio brutta e nociva. In questo modo si creano ambienti malsani ai quali le persone si assuefanno senza avere la minima percezione di quanto negativamente possano incidere su di loro. La luce determina la qualità dell’ambiente che illumina e dunque deve essere parte integrante di un progetto e non un semplice accessorio da affrontare -quando si affronta!- a fine lavori.

 

MEM – Come mai si è affermato questo tipo di approccio “tossico”?

G.A. – Per almeno due motivi, uno molto pratico: spesso, quando si costruisce un ambiente qualsiasi, ad occuparsi della luce c’è solo il progettista dell’impianto elettrico o l’elettricista o l’impresa costruttrice. I quali, salvo rarissime e felici eccezioni, ragionano normalmente su dove deve piazzare i “punti-luce” ai fini dell’impiantistica elettrica, non certo da un’ottica illuminotecnica!

Il secondo motivo è che il progettista deve essere preparato a progettare la luce: servono competenze tecniche, legali, neuroscientifiche e psicologiche. Pensi che persino la Norma UNI 12464-1 sull’illuminazione dei posti di lavoro, nei suoi ultimi aggiornamenti, mette il focus sul benessere e sulla salute che la luce può infondere sul personale; questo significa aumentare la produttività e la fedeltà all’azienda, cosa che, a sua volta, riduce il turn-over dei dipendenti e dei collaboratori, fonte di costi notevoli visto che costringe l’imprenditore a formare da nuovo chi li sostituirà.

 

L’importanza dell’educazione e della formazione alla luce

Piazza Carlo III – Reggia di Caserta

MEM – Già ci sembra di intravedere il suo approccio ai Corsi che terrà sulla piattaforma MEM…

G.A. – La luce, se ben progettata e realizzata, può generare stimoli visivi ed intellettivi. Non studiarla a fondo significa perdere un’importante occasione perché, oltre al suo valore strettamente “funzionale” -cioè farci vedere dove serve e agevolare i nostri compiti visivi-, la luce ci sollecita e ci tiene vigili, oppure rilassa, valorizza gli arredi e i materiali, riproporziona gli ambienti; più in generale crea latmosfera di un luogo,… Insomma, ha veramente mille funzioni!

Immaginiamo le implicazioni in un ambiente lavorativo, per esempio. Dopo la pandemia gli uffici sono dovuti diventare molto “multitasking, ormai è inconcepibile anche solo pensare al tradizionale “ufficio rigido”, “frontale”  e non accogliente! Ma per poter realizzare nella pratica queste cose, bisogna padroneggiare tutti gli aspetti del lighting design, bisogna saper usare gli ultimi potenti software a disposizione di chi progetta, bisogna capire ed eventualmente educare” i propri committenti al nuovo approccio includente la luce. Sarà esattamente quel che proporrò nel mio prossimo Corso su MEM.

 

Luce e bioritmo (o ritmo circadiano)

MEM – Qual è la filosofia che deve guidare il Lighting Designer, il progettista della luce?

G.A. – Il benessere di chi usufruirà del suo progetto attraverso il rispetto del nostro ritmo circadiano. Il genere umano non è fatto per vivere sotto una luce statica, ce ne siamo resi conto durante la pandemia. Ormai abbiamo finalmente acquisito che assecondare i nostri ritmi naturali è il solo modo per poter stare veramente bene. In più, la scienza e la tecnica ci stanno mettendo a disposizione materiali sempre più performanti e flessibili in grado di simulare in maniera artificiale l’illuminazione naturale. La luce artificiale non può sostituire quella naturale, ma può evocarla, creando illusioni che fanno stare meglio. Però bisogna saperlo fare! Di qui la necessità di rendere consapevoli e professionali in materia coloro che svolgono questo mestiere.

Il progetto deve essere un progetto dedicato e personalizzato sul cliente, uscendo dalle soluzioni  standard e “copia-incolla”.

La scelta dell’apparecchio illuminante: quale, come e perché.

MEM – Uno dei mezzi è quello di utilizzare un apparecchio illuminante piuttosto che un altro. Come mai questi oggetti si sono sempre più assottigliati nel tempo fin quasi a “sparire”, in alcuni casi?

G.A. – Perché gli apparecchi illuminanti seguono la tecnologia della sorgente luminosa che produce materialmente la luce. Pensi ad esempio all’evoluzione dell’illuminazione pubblica dalle torce, alle candele, alle lampade a petrolio, a gas fino alle modernissime armature a LED. Ma anche alle lampade delle nostre case: l’invenzione del LED ha miniaturizzato il design perché è un diodo piccolo e versatile, tanto da arrivare ad annullare l’oggetto di design stesso entrando direttamente nella materia e interagendo con essa. Si vengono così a creare grafiche nuove all’interno dello spazio, rivoluzionando il modo di illuminare poiché la maggior parte delle volte si lavora con la luce senza l’apparecchio illuminante.

Si sta inoltre assistendo all’insorgere di un nuovo ed interessante fenomeno: siccome il corpo illuminante stimola comunque la memoria permettendo di incasellarlo in un’epoca o in un contesto che ha caratterizzato l’esistenza di ognuno, si sta procedendo al relamping  di vecchie lampade che hanno fatto la storia del design, recuperando vecchi cataloghi.

MEM – Arch. Arcesilai, le pongo un’ultima domanda che è comune a tutte le professioniste e i professionisti che abbiamo incontrato: perché ha deciso di collaborare proprio con MEM?

G.A. – Perché condividiamo la stessa visione di fondo e le stesse modalità di divulgazione. Ho apprezzato da subito Giorgia Donini e il suo straordinario progetto imprenditoriale. MEM è una delle realtà più serie che io conosca in Italia e dunque credo sarà una delle più efficaci per continuare la mia opera di educazione alla luce. Tra l’altro i Corsi sono aperti a piccoli gruppi e questo mi consentirà di seguire tutti i partecipanti da vicino in un’ottica di scambio delle nostre esperienze, cosa importantissima per applicare fin da subito i princìpi e le novità che esporrò. Sarà entusiasmante!

 

Vai al percorso formativo: Innovazione, tecnologia, benessere: Lighting design strutturato dall’Arch. Giordana Arcesilai in partenza lunedì 23 ottobre.